Corte di Giustizia UE, sanzioni proporzionate per il lavoro
Sentenza 8.3.2022 della Corte di Giustizia UE, difese nei controlli grazie all’immediata applicazione del principio di proporzione delle sanzioni.
L’articolo in sintesi:
- La sentenza CGUE 8.3.2022 si è pronunciata sulla domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice austriaco in materia di appalto transnazionale di servizi
- La Corte conferma l’applicabilità diretta nel diritto nazionale del precetto di proporzione delle sanzioni comminate, come previsto nel caso dalla direttiva 2014/67/UE
- Il principio di proporzione delle reazioni punitive e del rispetto del principio di non discriminazione, è stato di frequente ribadito dalla CGUE (caso Google, c. 482-18)
- Tali interventi e previsioni europee possono oggi risultare di particolare significato e utilità difensiva in molti casi in cui appare evidente la sproporzione delle nostre sanzioni
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 8.3.2022, C. 205-20, costituisce un fondamentale chiarimento, anche in via di principio, su come debbano essere sanzionate le infrazioni in materia di lavoro dagli ordinamenti nazionali, a seguito di controlli e accertamenti ispettivi.
Tali reazioni -come per esempio nel caso dei distacchi transnazionali, di cui si è occupata nel caso la Corte di Giustizia-, per risultare realmente adesive alle previsioni comunitarie, non possono che apparire, oltre che realmente dissuasive, equilibrate rispetto alle infrazioni e ai beni giuridici lesi.
La disciplina dei distacchi transnazionali, trasfusa e attuata nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo n. 136/2016, era stata oggetto dell’intervento della Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della Direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi.
Proprio tra le disposizioni della Direttiva del 2014, al suo articolo 20, viene richiamato il detto principio di non discriminazione -centrale nelle dinamiche comunitarie di armonizzazione-, per cui, accertati distacchi transnazionali come illeciti, si sancisce l’esigenza di proporzionalità dell’intervento punitivo in sede di reazione da parte degli ordinamenti nazionali.
DISTACCO UE E LIMITI SANZIONI
Così l’art. 20, Direttiva 2014/67/UE Sanzioni Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'osservanza. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive.
Il caso trae origine dal distacco di alcuni lavoratori di una società slovacca presso una società con sede in Austria.
In base ad accertamenti effettuati in occasione di un controllo, l’autorità amministrativa distrettuale, con decisione successiva, irrogava una sanzione pecuniaria pari a € 54.000 al legale rappresentante della società slovacca, in ragione dell’inosservanza di vari obblighi previsti dalla normativa austriaca. In particolare, con riguardo alla dichiarazione di distacco presso l’autorità nazionale competente, nonché alla conservazione della documentazione salariale.
A seguito delle contestazioni e irrogazione delle sanzioni, il legale rappresentante proponeva ricorso al competente tribunale amministrativo distrettuale.
Va osservato come la normativa di riferimento austriaca sul contenzioso amministrativo preveda, tra l’altro, che in tutte le sentenze emesse dal giudice amministrativo con cui è confermato un provvedimento amministrativo di carattere sanzionatorio, il giudice disponga il versamento, a carico del trasgressore di un contributo alle spese del procedimento di importo è pari al 20% della sanzione comminata.
Inoltre, nel caso considerato, venivano in rilievo le previsioni normative per cui, i datori di lavoro che omettano o ritardino le stabilite dichiarazioni di distacco, nonché non tengano a disposizione la prevista documentazione, siano puniti, per lavoratore, con la sanzione pecuniaria tra € 1.000 e € 10.000, raddoppiata in caso di recidiva.
Nel caso emergevano anche illeciti relativi all’omessa trasmissione di documenti necessari, che veniva punita, per ciascun lavoratore interessato, con una sanzione da € 500 a € 5.000 (raddoppiata per recidiva) e per la mancata tenuta a disposizione di documentazione salariale, con sanzione a lavoratore da € 1.000 a € 10.000 (con raddoppio se relativa a più di tre lavoratori e ulteriori raddoppi, o oltre, in caso di recidiva).
Ritenendo tali previsioni e le comminate sanzioni (da irrogarsi cumulativamente e senza previsioni di massimali, oltre che con aggravi potenziali in caso di difese) non in linea con l’art. 20, Direttiva 2014/67/UE, il giudice austriaco sottoponeva alla Corte di giustizia UE una domanda di pronuncia pregiudiziale sulla conformità al diritto dell’Unione e, segnatamente, al principio di proporzionalità, di sanzioni quali quelle previste dalla normativa austriaca nazionale, di cui trattasi nel procedimento principale.
La Corte di Giustizia era chiamata a valutare se il requisito di proporzionalità delle sanzioni di cui all’articolo 20 della Direttiva 2014/67 costituisse una disposizione direttamente applicabile. E, in via eventuale, nel caso di non diretta applicabilità, se i giudici nazionali avessero comunque dovuto integrare nel senso della proporzionalità le disposizioni nazionali.
EFFETTO DIRETTO DELLA PROPORZIONALITÀ UE
Così per la Corte di Giustizia UE 8.3.2022, C. 205-20 1) L’articolo 20 della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, laddove esige che le sanzioni da esso previste siano proporzionate, è dotato di effetto diretto e può quindi essere invocato dai singoli dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di uno Stato membro che l’abbia recepito in modo non corretto. 2) Il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso impone alle autorità nazionali l’obbligo di disapplicare una normativa nazionale, parte della quale è contraria al requisito di proporzionalità delle sanzioni previsto all’articolo 20 della direttiva 2014/67, nei soli limiti necessari per consentire l’irrogazione di sanzioni proporzionate.
Ai quesiti posti dal giudice nazionale austriaco, con valore per ogni giudice dell’Unione, risponde quindi la Corte di Giustizia UE, dichiarando che il principio di proporzione delle sanzioni sul distacco transnazionale ha efficacia diretta nei singoli ordinamenti. Per cui, in casi di ritenute sproporzioni tra le previsioni di irrogabili sanzioni e le lesioni dei beni giuridici tutelati, in ambito nazionale i tribunali saranno chiamati a disapplicare immediatamente il diritto nazionale, di modo da rendere proporzionate le sanzioni comminate.
La necessità del rispetto dei criteri di proporzionalità, anche in tempi recenti, è stata oggetto di svariate conferme da parte della medesima Corte di Giustizia (cfr. ordinanze 19.12.2019 Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld, C-645/18, C-140/19, C-141/19, C-492/19, C-493/19 e C-494/19).
Tra i molti interventi confermativi dell’esigenza di mantenere eque e bilanciate le reazioni degli ordinamenti nazionali, anche in altri ambiti e materie, come quella fiscale, va ricordata la nota sentenza relativa al caso di Google in Ungheria, ove forniva servizi senza essere ivi stabilito. A Google, avendo commesso alcuni illeciti secondo la normativa nazionale, nel caso erano state applicate sanzioni a crescita esponenziale, senza la possibilità di proporre tempestivi interventi e difese, in modi aggravati rispetto a quanto sarebbe accaduto a un operatore stabilito, nella medesima condizione di trasgressore.
Per cui la Corte di Giustizia, con sentenza del 3.3.2020, C. 482-18, confermava l’odierno avviso sull’efficacia del principio di proporzionalità del diritto comunitario nel diritto nazionale, e l’incompatibilità di quest’ultimo rispetto alle libertà fondamentali dell’Unione europea e al principio di non discriminazione.
SPROPORZIONE DI SANZIONI E DISCRIMINAZIONI
Così la Corte di Giustizia UE 3.3.2020, C. 482-18 L’articolo 56 TFUE sulla libertà di prestazione dei servizi, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro in base alla quale ai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro –che non abbiano ottemperato a un obbligo dichiarativo ai fini del loro assoggettamento a un’imposta sulla pubblicità– è inflitta, in pochi giorni, una serie di sanzioni pecuniarie il cui importo, a partire dalla seconda, è triplicato rispetto all’importo della sanzione pecuniaria precedente, ad ogni nuovo accertamento dell’inadempimento di tale obbligo, e raggiunge un importo cumulativo di diversi milioni di euro, senza che l’autorità competente, prima di adottare la decisione che fissa definitivamente l’importo cumulativo di tali sanzioni pecuniarie, conceda a tali prestatori di servizi il tempo necessario per ottemperare ai loro obblighi, offra loro la possibilità di presentare le loro osservazioni ed esamini essa stessa la gravità dell’infrazione, mentre l’importo della sanzione pecuniaria che sarebbe inflitta a un prestatore di servizi stabilito nello Stato membro di imposizione che non abbia ottemperato a un analogo obbligo dichiarativo o di registrazione in violazione delle disposizioni generali del diritto tributario nazionale è notevolmente inferiore e non viene aumentato, in caso di inadempimento continuato di siffatto obbligo, né nella stessa misura né necessariamente entro un periodo di tempo così breve.
I sopra accennati interventi dei Giudici dell’Unione europea illuminano interessanti prospettive di tutela anche con riguardo a molte discipline e sanzioni del nostro ordinamento nazionale.
La possibilità di recuperare in chiave europea la proporzione delle reazioni punitive previste e imposte dal diritto nazionale italiano, offre, infatti, una stimolante chiave di lettura -non meno che un potenziale strumento difensivo- in talune situazioni in cui le fattispecie di legge appaiono obiettivamente e ingiustificabilmente gravose per datori di lavoro, contribuenti e presunti trasgressori in generale.
Si pensi al caso della sanzione amministrativa al datore di lavoro per l’omesso tracciamento dei pagamenti mensili ai dipendenti (cfr. “La misura proporzionale della sanzione amministrativa”, Verifiche e Lavoro, n. 1/2022, pag. 4). Almeno secondo l’interpretazione dell’INL, che intende la punibilità a mese, si può giungere a sanzioni “smisurate” anche a fronte di inadempimenti minimi, quantunque reiterati.
Notissime sono le questioni relative alle reazioni del nostro ordinamento, con recuperi di agevolazioni ed esoneri contributivi per importi anche elevatissimi (es. € 400mila), a fronte di minime irregolarità contributive (es. per soli € 250, mantenuta nel tempo corrispondente a quello del godimento delle agevolazioni da recuperare).
O ancora, in materia di sospensione dell’attività imprenditoriale ex art. 14, TU Sicurezza, va rammentato come risulti oggi pressocché impossibile difendersi senza subire danni economici alla propria attività. Perciò, solitamente, l’impresa è costretta alla regolarizzazione tempestiva.
Tutti casi in cui parrebbe emergere una chiara sproporzione nella reazione punitiva dell’ordinamento italiano. Che ora, però, potrà essere rivalutata anche sulla base dei cennati principi europei.
Articolo a cura di MAURO PARISI – estratto da V@L – Verifiche e Lavoro n. 2/2022
V@L – Verifiche e Lavoro è la prima rivista specializzata in Italia in materia di ispezioni e controllo sul lavoro da parte degli organi pubblici competenti, su lavoro, previdenza, assicurazione e sicurezza.
I nostri ricorsi ragionati vogliono essere uno strumento operativo, una guida pratica per difendersi in caso di verbale ispettivo.