Anche i Giudici contro le irrazionalità della P.A.
La sentenza del Tribunale di Roma del 14 febbraio, in materia di Durc, punta il dito su pratiche abnormi e canoni irrispettati di ragionevolezza.
L’articolo in sintesi:
- La sensazione comune a molti è che l’amministrazione operi spesso irragionevolmente, non ultimo per la distanza con l’utenza.
- La sentenza n. 1490/2019 del giudice del lavoro di Roma, in materia di DURC, rileva l’esistenza di pratiche INPS prive di ragionevolezza.
- Il caso deciso dal tribunale, concerneva una cooperativa che per difficoltà di “squadratura” degli UNIEMENS riceveva DURC negativo.
- Per il giudice, non è razionale e corretto negare il DURC solo perché il contribuente non ha saputo in 15 giorni dimostrare gli errori di calcolo.
La sensazione di molti è che non di rado l’irragionevolezza dell’amministrazione renda difficili le vite di cittadini, aziende e professionisti.
Le situazioni sono note. Per esempio, quando nelle verifiche gli ispettori chiedono la produzione di documentazione ed “elaborati” in termini strettissimi (magari di pochi giorni, anziché i 15 di legge, per produrre il LUL). Oppure, se ai fini del rilascio del DURC si chiede che la regolarità vada provata (o sanata) in pochissimi giorni.
La costrizione ad adempimenti sconosciuti, le richieste illogiche, le pretese insostenibili sono quantomai frequenti.
La percezione di “sudditanza” nei confronti degli enti risulta attualmente più accentuata che mai a causa del fatto che gli stessi rapporti con le istituzioni sono divenuti sempre più “immateriali”. Si comunica spesso on line, attraverso applicazioni e sistemi telematici e si gestiscono i “flussi” di informazioni attraverso “cassetti”. Non conoscere di persona i funzionari con cui si comunica, non è un vantaggio, ai fini pratici e operativi. Ma neppure psicologici.
Tutto sommato appare più funzionale il rapporto interpersonale con gli ispettori, con cui sono previsti vis à vis. Ma la supremazia che per legge possono esercitare (e, accade) i singoli funzionari, “guasta” il beneficio della comunicazione diretta che pure costituirebbe uno degli scopi correttivi dell’azione dei funzionari.
La legge e le Direttive Ministeriali, infatti, offrirebbero chiaramente preferenza alle soluzioni dialogate. Eppure a fronte di rare attività di “prevenzione e promozione”, con indicazioni operative dei funzionari sulle “modalità per la corretta attuazione della …normativa” (art. 8, D.Lgs n. 124/2004), sono maggiori le azioni di imposizione e repressione.
Azione ispettiva: la promozione prima della repressione
Così la Direttiva del Ministero del Lavoro del 18.9.2008
Sembra indispensabile un serio e costante investimento ... nelle azioni di prevenzione e di promozione di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 124 del 2004. Tali azioni dovranno risolversi in apposite iniziative... anche presso associazioni di categoria o singoli datori di lavoro, con riferimento a questioni e problematiche di rilevanza generale, al fine di garantire e assicurare l’integrale rispetto della normativa in materia di lavoro e di previdenza ovvero per diffondere la corretta applicazione dei nuovi istituti legislativi secondo le indicazioni interpretative provenienti dall’Amministrazione. Sempre in questa prospettiva si ricorda ... la possibilità ...di svolgere attività di informazione e aggiornamento nei confronti di enti, datori di lavoro ed associazioni ... ai sensi di quanto disposto dall’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 124 del 2004.
Va però osservato che i tentativi di fare dichiarare dai Giudici la notevole sproporzione e irragionevolezza dell’azione dell’amministrazione, solitamente -salvo palesi violazioni di legge- cadono nel vuoto.
Ciò dipende, in primo luogo, dal “carattere” delle sedi giudiziarie presso cui i controlli ispettivi e i rapporti di lavoro vengono valutati. Non rientra certamente nel “bagaglio” dei Giudici di lavoro il decidere riconoscendo le categorie atipiche dell’eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità (come fanno, per esempio, i Tribunali amministrativi).
In secondo luogo, ciò accade pure a causa del diffuso e pregiudiziale affidamento, da parte di chi giudica, nei confronti della P.A.. Con la presunzione di legittimità dell’azione amministrativa, la prova contraria alle pretese pubbliche si fa in salita.
Eppure, talvolta, ci sono Giudici attenti che sanno vedere come l’amministrazione sa anche essere poco razionale e logica nel suo agire. Lo ha visto, per esempio, il Giudice del lavoro di Roma, pronunciandosi contro l’INPS. La sentenza romana del 14.2.2019, n. 1490 è di ancor maggiore spessore, se si pensa che concerne un tema sensibile e di grande attualità: quello del DURC e degli effetti della certificata irregolarità contributiva.
DURC: L’irragionevolezza dei “15 giorni”
Così il Giudice del lavoro di Roma, sentenza n. 1490/2019
Anche alla luce di tale ricostruzione complessiva del sistema, negare il DURC solo perché un contribuente non è stato in grado in 15 giorni di mettere capo ad una incongruenza intrinseca di qualche denuncia contributiva, oltre ad apparire illegittimo per mancanza di fondamento normativo (e le circolari non sono fonti di diritto oggettivo) appare contraddittorio e irriconducbile a qualunque riconoscibile canone di razionalità/ragionevolezza.
Il caso affrontato era quello di una cooperativa che si era vista estromessa da una gara di appalto, difettando di regolare certificazione. Questa non veniva concessa, in sostanza, per irregolarità formali legate a degli “squadramenti” contabili relativi ad alcuni mesi di denunce Unimens. Nessuna vera omissione contributiva, insomma, ma errori di imputazione di importi negli effettivi mesi di competenza. Peraltro, alcuni crediti contributivi non si erano potuti portare per tempo in compensazione –malgrado precisa autorizzazione dell’Istituto–, dovuto al ritardo nell’elaborazione di dati da parte dell’INPS stesso.
Insomma, un inconveniente meramente tecnico di ricostruzione delle denunce che non avrebbe dovuto generare alcuna questione sostanziale di regolarità contributiva, che lo stesso Istituto aveva causato e non era stato in grado di porvi rimedio.
Con una presa di posizione coraggiosa, il Giudice del lavoro di Roma veniva però a rilevare che i 15 giorni concessi alla cooperativa per comprendere e dimostrare cosa non funzionasse nelle denunce, se non erano bastati all’INPS, non potevano dirsi bastanti neppure al contribuente. Per cui, l’emissione di un DURC negativo -con gravi conseguenze, nel caso- non poteva dirsi, al meglio, che “contraddittorio”. Una presa di posizione giudiziale di principio che, tutto sommato, dovrebbe essere di ordinaria consuetudine nelle aule dei tribunali.
Come “scontata” dovrebbe essere anche la constatazione che un termine perentorio di “15 giorni”, neppure previsto per legge, si dimostra oggi poco “razionale”.
Del resto, anche alla luce del DPR n. 62/2013 (il regolamento recante il Codice di comportamento dei pubblici dipendenti) -per cui, tra l’altro, chi agisce per la P.A. lo deve fare con “equità e ragionevolezza”-, non dovrebbero sussistere dubbi su quale è da considerarsi il consueto modo di agire dell’amministrazione.
Obbligo di agire correttamente
Art. 3, DPR n. 62/2013, Codice comportamento dei pubblici dipendenti
Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.
Articolo a cura di Studio Legale VETL – estratto da V@L – Verifiche e Lavoro n. 2/2019
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