Limiti agli accertamenti previdenziali. I verbali dell’Ispettorato Nazionale
La disposizione: come si legge
L’articolo 3, comma 20, della legge 335/1995, relativo alla razionalizzazione delle funzioni ispettive in ordine a previdenza sociale e lavoro, riguardante gli accertamenti in materia previdenziale e assicurativa prevede quanto segue:
“Gli accertamenti ispettivi in materia previdenziale e assicurativa esperiti nei confronti dei datori di lavoro debbono risultare da appositi verbali, da notificare anche nei casi di constatata regolarità. Nei casi di attestata regolarità ovvero di regolarizzazione conseguente all’accertamento ispettivo eseguito, gli adempimenti amministrativi e contributivi relativi ai periodi di paga anteriore alla data dell’accertamento ispettivo stesso non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche ispettive, salvo quelle determinate da comportamenti omissivi o irregolari del datore di lavoro o conseguenti a denunce del lavoratore. La presente disposizione si applica anche agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale di accertamento, nonché ai verbali redatti dai funzionari dell’Ispettorato del lavoro in materia previdenziale e assicurativa…”
La disposizione: il suo significato
La previsione qui considerata costituisce parte della storica disciplina procedimentale relativa agli accertamenti degli organi di vigilanza in materia previdenziale. Essa viene completata dalle previsioni dell’art. 3, D.L. 463/1983 (es. circa poteri di accesso e di indagine) e da quelle del decreto legislativo n. 124/2004 (es. dovere di verbale primo accesso).
Una disciplina senza dubbio piuttosto “sintetica” e, tutto sommato, insufficiente a descrivere la variegata serie di situazioni e fattispecie che possono contraddistinguere l’esercizio e la definizione dei controlli degli Istituti previdenziali e assicurativi.
Va osservato, ad ogni conto, che essa introduce motivi di sostanziale garanzia nei controlli ispettivi, che ancora oggi risultano carenti in altri ambiti dell’azione ispettiva (per esempio, si pensi agli accertamenti limitati al contrasto di illeciti puniti con sanzioni amministrative).
Il primo dei descritti presidi di tutela, si concreta nella previsione per cui costituisce un dovere che l’accertamento ispettivo sia comunque concluso dai funzionari in modo espresso e positivo. Ciò, anche in caso di “constatata regolarità” contributiva e assicurativa.
Vale a dire che, in caso di controllo di INPS e INAIL (ma non solo: alla normativa si rifanno anche enti previdenziali privati. Cfr., in questo numero, la rubrica Outline sulla vigilanza di Enasarco) l’accertamento si potrà ritenere concluso solo al cospetto di un verbale, positivo –cioè, sfavorevole alla parte ispezionata- o negativo –ossia, di favore, in quanto nulla rileva- da parte dei funzionari.
Come osservato, nessun onere di legge risulta similmente previsto per accertamenti in altri ambiti (quelli in cui tradizionalmente si muovono gli ispettori ex-ministeriali, per intendersi), benché circolari e altre indicazioni amministrative abbiano nel tempo “esteso” –ma con ben differente effetto giuridico- pari adempimenti.
Una volta notificato il verbale ispettivo conclusivo di “regolarità” (o di presa d’atto di corretta regolarizzazione), non sono ammessi altri accertamenti sui medesimi fatti. Si tratta della precisazione in sede amministrativa del noto principio giudiziale di divieto bis in idem: ossia del divieto di considerare più volte –e con evidente aggravio per il cittadino- i medesimi fatti.
Per cui, giunto in porto senza conseguenze il controllo in azienda, tale risultato non potrà più essere messo in discussione. Quantomeno per i periodi, i rapporti e i fatti considerati dai funzionari.
Tale principio di massima, tuttavia, viene temperato dalla disposizione per cui i “comportamenti omissivi o irregolari del datore di lavoro o conseguenti a denunce del lavoratore” possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche ispettive. La precisazione, sembra rimettere in gioco il principio di garanzia appena espresso.
In realtà, essa si limita solamente a relativizzare l’apparente preclusione assoluta alla potestà di riesame dei funzionari. Infatti, affinché periodi e rapporti già valutati possano essere oggetto di nuova verifica, occorrerà la preliminare e palese prova successiva di irregolarità dell’azienda che non poteva essere nota al tempo dell’ispezione, attraverso una diligente disamina della situazione. Oppure, la denuncia del lavoratore –circostanziata da fatti nuovi e dotati di sufficiente evidenza, almeno quali principi di prova- per cui il primo accertamento ispettivo doveva seguire un differente scrutinio.
A fronte di detta puntualizzazione, dunque, senz’altro non appaiono ammessi successivi accertamenti ispettivi su periodi pregressi (né tantomeno su “atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale di accertamento”), nel caso in cui ciò avvenga in forza di una semplice “revisione” e “reinterpretazione” del controllo precedente. Nello stesso senso, del resto, le indicazioni contenute in molti verbali ispettivi di “riserva” di riesame e di rivalutazione della materia già accertata risultano elusive della legge, se non ancorate alle condizioni positivizzate.
Nuovi significati acquistano oggi la previsione per cui la preclusione a nuovi controlli si estende “ai verbali redatti dai funzionari dell’Ispettorato del lavoro in materia previdenziale e assicurativa”.
Come noto, il decreto legislativo n. 149 del 2015, di attuazione della legge 183/2014 (cd. Jobs Act), ha previsto l’integrazione tra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, INPS e INAIL, in un’unica agenzia, denominata Ispettorato Nazionale del lavoro (INL).
In forza di ciò, tutti gli ispettori possiedono oggi gli stessi poteri e competenze –quantunque non tutti siano stati ancora formalmente “trasferiti” al nuovo ente pubblico-. Va osservato, ad ogni conto, come anche in passato (cfr. L. 628/1961), gli ispettori ministeriali possedessero piena competenza all’accertamento previdenziale e assicurativo, sebbene di solito non la “praticassero”.
Le novità in materia di razionalizzazione e semplificazione dei controlli fa sì che oggi tutti i verbali di accertamento ispettivo siano attribuibili all’Ispettorato Nazionale (con indicazione del logo specifico anche nei processi verbali attribuibili ai funzionari degli Istituti), a prescindere dall’estrazione e provenienza dei funzionari accertatori.
Stando alla disposizione di legge in commento, pertanto, ove l’accertamento venga obiettivamente (e non più soggettivamente) adempiuto in materia di previdenziale e assicurativa, verrà sottoposto alle limitazioni previste dal comma 20, dell’articolo 3 in commento. A causa delle nuove e diffuse attribuzioni, tuttavia, sarà più complesso valutare quale genere di accertamento sia stato in concreto compiuto. Ma, non ci si può immaginare che una corretta azione di giustizia -salvo mandato espressamente e motivatamente limitato- possa dirsi ristretta a un solo profilo di rapporti.
In definitiva, sembra potersi dire che –salvo prova contraria- a fronte di qualsiasi verbale di accertamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro si devono oggi dire configurati i maggiori margini di preclusione a nuove iniziative ispettive ex art. 3, c. 20, L. 335/1995, con maggiori garanzie per aziende e cittadini.
Quanto poi all’efficacia del verbale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro quale atto di intimazione e messa in mora in riferimento ai versamenti contributivi che si suppongono omessi, mentre in passato era nota l’efficacia interruttiva della prescrizione discendente dai soli verbali previdenziali e assicurativi -anche alla stregua di nota giurisprudenza-, la stessa efficacia interruttiva non può oggi discendere da verbali di accertamento non attribuibili all’ente creditore (es. INPS per i contributi omessi).
Per cui, a seguito della contestazione degli ispettori dell’INL (a cui ora sono assimilati anche tutti gli ispettori di INPS e INAIL), per interrompere la prescrizione di contributi e premi sarà necessario un atto apposito (e diverso dal Verbale INL) di messa in mora e di intimazione proveniente dagli Istituti creditori (Cfr. rubrica Appunti).
[Articolo a cura di Barbara Broi – estratto da V@L – Verifiche e Lavoro n. 1/2017]
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