Nuova diffida accertativa e titolo esecutivo automatico
L’istituto della diffida accertativa, rivisto e corretto dalla legge di conversione n. 120/2020, si mostra insidioso data la possibilità per gli ispettori di formare -pressocché senza filtri- titoli esecutivi a favore dei lavoratori, anche nei confronti degli obbligati in solido.
di Mauro Parisi
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Così come per il nuovo potere di disposizione (art. 14, D.Lgs n. 124/2004), anche il nuovo e insidioso potere di “diffida accertativa per crediti patrimoniali” (art. 12, D.Lgs n. 124/2004) è stato introdotto in forme “striscianti”, in sede di conversione del decreto legge n. 76/2020 (“Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”), con la legge n. 120/2020.
Come noto, la diffida accertativa corrisponde al potere di accertamento tecnico, da parte dell’ispettore, di eventuali crediti insoluti del lavoratore, di cui si ordina al datore di lavoro la corresponsione.
L’istituto già era previsto a mente dell’art. 12, D.Lgs n. 124/2004; ma ora ne vengono aumentate le potenzialità nei confronti di datori di lavoro e, novità, degli utilizzatori delle prestazioni di lavoro.
Così la nuova diffida accertativa – Art. 12, D.Lgs n. 124/2004
1. Qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. La diffida trova altresì applicazione nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati. 2. Entro trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice civile. Entro il medesimo termine, in alternativa, il datore di lavoro può promuovere ricorso avverso il provvedimento di diffida al direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto. Il ricorso, notificato anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di sessanta giorni dalla presentazione. 3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2 o in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, attestato da apposito verbale, oppure in caso di rigetto del ricorso, il provvedimento di diffida di cui al comma 1 acquista efficacia di titolo esecutivo.
La nuova diffida accertativa:
La prima innovazione che salta all’occhio consiste nella previsione per cui, gli importi accertati con diffida, possono essere contestati anche “nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro”.
Sapere chi siano tali soggetti “utilizzatori” sembra, però, operazione meno scontata di quanto non appaia. Senz’altro si tratterà degli utilizzatori nell’ambito di una somministrazione o di un appalto di manodopera illeciti (art. 18, D.Lgs n. 276/2003). Ma a tale fine occorrerà che, a latere, e con altro procedimento e verbale, si siano mosse preventivamente le necessarie contestazioni.
Al di fuori dell’ipotesi illecita, tuttavia, utilizzatori delle “prestazioni di lavoro” in senso sostanziale, se non i diretti datori di lavoro e quelli che accolgono missioni dalle agenzie per il lavoro, non ve ne parrebbero essere.
la Circolare INL n. 6/2020
Eppure, per la Circolare n. 6/2020 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, “nell’ambito di un appalto o di una somministrazione di manodopera”, gli ispettori dovranno sempre notificare la diffida accertativa anche al committente, quale obbligato in solido (sembrerebbero, invece, esclusi i casi di solidarietà nel trasferimento d’azienda e nel cambio appalto).
Quella dell’INL rappresenta una lettura della previsione di non poco conto.
Infatti, da essa consegue che, magari per rapporti di lavoro e posizioni di cui neppure il committente conosce e può rendersi conto, nei confronti dell’obbligato in solido potrà sempre venire costituito un titolo esecutivo, azionabile senza difficoltà dal dipendente lavoratore del terzo.
Situazione ancora più rischiosa se si tiene conto che, in forza delle ulteriori novità all’art. 12, D.Lgs n. 124/2004, per pervenire alla costituzione del detto titolo esecutivo, è sufficiente, d’ora innanzi, l’azione immediata e “automatica” del solo ispettore (prima la diffida accertativa andava convalidata dal dirigente della sede territoriale).
Anche il ventaglio delle possibili tutele genera perplessità.
Infatti, adottata e notificata la diffida accertativa da parte del funzionario, le vie di difesa immediata non possono che essere due. Tentare entro 30 giorni un accordo con il lavoratore. Oppure, in alternativa, nel medesimo termine, proporre un ricorso al Direttore dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, che deciderà entro i 60 giorni seguenti.
Il mancato accordo o il rigetto, consolidano la diffida accertativa che diventa, automaticamente, titolo esecutivo.
Un titolo che, peraltro, potrà essere impugnato in sede giudiziale solo previa notifica dell’azione del lavoratore (es. precetto), non avendo altrimenti legittimazione all’azione i soggetti diffidati. Permarrà nel frattempo sugli obbligati la spada di Damocle delle incerte decisioni del creditore.
Per il committente, al rischio predetto, si aggiunge la circostanza che la legge non pare legittimarlo ad alcuna possibile azione e tentativo di conciliazione.
Apprezzabile appare, quindi, lo sforzo della Circolare INL n. 6/2020, a dispetto della lettera della legge, di considerare legittimato a tanto anche l’obbligato in solido.
Non bastasse il minaccioso quadro dell’istituto che così si delinea, va sottolineato come dalla formulazione del nuovo istituto risulti emergere, altresì, un consistente rischio di doppio recupero patrimoniale. Infatti, come afferma anche l’INL nella predetta Circolare, in caso di accordo conciliativo, la diffida accertativa perderebbe efficacia solo a favore della parte “conciliante”, mentre acquisterebbe quella di titolo esecutivo nei confronti dell’ulteriore obbligato.
Così, senza troppe difficoltà, specie in assenza di notizie incrociate di eventuali versamenti pervenuti altrimenti, il lavoratore potrebbe agire cumulando i benefici di differenti titoli esecutivi -per differenti importi- nei confronti di datori di lavoro e “utilizzatori”, facendo valere “doppiamente” il proprio credito.
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